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Fonte: ICCD - Progetto PACI / MiC – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione ICCD
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Saperi e tecniche

Raccolta delle olive

Nella piana di Gioia Tauro lo scuotitore fa vibrare i rami d'ulivo; i frutti cadono a terra e una raccoglitrice, curva sul terreno, li afferra velocemente con una sola mano e li ripone nella propria borsa di tela appesa al collo. Nell'altra mano stringe una fetta di pane al pomodoro, che morde distrattamente senza interrompere il lavoro. Altre donne sono intente alla raccolta: piegate sulle anche, si muovono a passi ritmati, portando avanti entrambe le braccia distese per raccogliere i frutti. Le raccoglitrici si spostano insieme in uno spazio organizzato, tirandosi dietro, ad ogni passo, il proprio cestino nel quale, delicatamente, riversano le olive che conservano nel palmo delle mani. Il lavoro di raccolta si svolge con un registro regolare fino a quando i cestini, finalmente colmi, vengono svuotati in un cesto più grande. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, in Calabria, la raccolta delle olive era un'attività svolta principalmente da donne con il metodo della raccattatura a caduta spontanea. Tale metodologia, utilizzata anche al giorno d'oggi con l'utilizzo di reti, consiste nella raccolta delle olive da terra dopo il loro naturale distacco dalle piante. Gli ulivi calabresi hanno la particolare caratteristica di essere alberi secolari e, proprio per le loro grandi dimensioni, risultano difficilmente percuotibili a colpi di bacchio (sdarramare: far cadere giù a colpi di bacchio). Per tale motivo, quando ancora il lavoro non era meccanizzato, si aspettava che i frutti cadessero spontaneamente per poi raccoglierli a mano. Talvolta si poteva utilizzare anche u cernigghiu, una specie di crivello a maglie molto larghe che, usato con gesti precisi delle braccia, muovendo ritmicamente i fianchi, faceva cadere foglie e sassolini e tratteneva le olive pulite.