Saperi e tecniche
Preparazione di piennoli di pomodorini del Vesuvio
Un uomo seduto sistema grappoli di pomodorini, in genere di tre o quattro frutti, su un filo di canapa legato a cerchio e sospeso a dei ganci infilati in travi di legno. Legando via via tra di loro i grappoli con altri fili di corda, arriva a comporre un unico grande grappolo, molto compatto. Quando il grappolo a forma di pila viene ultimato, l’uomo lo appende ad una altezza maggiore, dove sono anche gli altri pomodorini, che hanno avuto la medesima preparazione. Il pomodorino del piennolo del Vesuvio è così registrato come prodotto DOP dell’area vesuviana della Campania. Sotto questa denominazione sono raggruppati diversi biotipi accomunati da caratteristiche morfologiche e qualitative simili, selezionati negli anni dagli agricoltori e a rischio di estinzione. Quando i pomodorini sono conservati a schiocche o a piennolo, ossia a grandi grappoli pendenti, che arrivano a pesare fino a 5 chili, conservano un colore rosso intenso e la carnosità che li rende commestibili e saporiti fino alla primavera seguente. Le peculiarità del pomodorino del piennolo del Vesuvio sono la elevata consistenza della buccia, la forza di attaccatura al peduncolo, l'alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni. Tali peculiarità sono profondamente legate ai fattori pedoclimatici tipici dell'area geografica in cui il pomodorino è coltivato, dove i suoli, di origine vulcanica, sono costituiti da materiale piroclastico originato dagli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio. La ricchezza in acidi organici determina la vivacità o acidulità di gusto, che è il carattere distintivo del pomodorino del Vesuvio. Ciò, oltre a derivare da una peculiarità genetica, è indice di un metodo di coltivazione a basso impatto ambientale e con ridotto ricorso ad acque d'irrigazione, che rende tale coltura particolarmente adatta ad un'area protetta, quale quella del Parco Nazionale del Vesuvio. Negli ultimi anni c’è una grande attenzione al prodotto, che viene tutelato da consorzi e dalle associazioni di consumo consapevole. Viene proposto alla base di molti piatti tradizionali campani.