Saperi e tecniche
Raccolta di pomodorini del Vesuvio
Alcuni contadini raccolgono i pomodori a grappoli utilizzando delle forbici da potatura e li ripongono in secchi. I pomodori poi vengono trasferiti dai secchi alle cassette successivamente trasportate e ordinate in fila una sull’altra. Il pomodorino del Vesuvio, o del piennolo, è così chiamato per la tecnica con cui viene conservato, ossia in grappoli sistemati intorno ad un filo di canapa, che vanno a formare un unico grande grappolo, che viene sospeso e consumato via via, anche quando il pomodorino perde il suo turgore. L’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili lo rendono adatto alla lunga conservazione durante la quale non perde le qualità organolettiche. È un pomodoro piccolo, dal colore rosso vivo, con una buccia molto spessa, termina con un pizzo, ossia una piccola punta, da cui deriva un altro modo con cui viene chiamato, spongillo. Questo tipo di pomodoro si coltiva prevalentemente nei paesi vesuviani, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, ed è proprio la qualità del suolo vulcanico a influenzare le caratteristiche e le qualità del frutto. Ha origini antiche ed è documentato, fra gli altri, da Achille Bruni, nel 1858, nell’opera "Degli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli", dove si parla di pomodori a ciliegia, molto saporiti, che "si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte". Viene frequentemente utilizzato anche per la scena tradizionale del Presepe napoletano. Dal 2009 la DOP «Pomodorino del Piennolo del Vesuvio» viene applicata ad alcuni ecotipi con le seguenti denominazioni popolari: «Fiaschella», «Lampadina», «Patanara», «Principe Borghese» e «Re Umberto».