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Fonte: Atlante delle Feste Popolari del Piemonte / Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – UniSG
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Feste popolari

Festa patronale di san Massimo

La festa patronale di san Massimo, fissata l’8 gennaio (data della morte del santo) è ipotizzabile abbia avuto inizio nel corso del Medioevo; la sua celebrazione durò fino all’inizio del XIX secolo, spostata, quando cadeva durante la settimana, alla prima domenica dopo l’8 gennaio (Majoli, 1820, p. 20); rappresentava “una straordinaria occasione di unità di professioni e i diversi certi sociali in una grande festa che era al tempo stesso religiosa, popolare e profana, quasi un momento di passaggio fra le festività natalizie appena concluse e l’ormai imminente carnevale” (Lenti, 1988, p. 14.).

Dopo un lungo periodo di interruzione, la festa è stata riproposta a partire dal 1985, posticipata all’ultima domenica di gennaio, per evitare la vicinanza con l’Epifania.

La festa antica

La festa è regolamentata negli antichi statuti di Valenza, approvati da Gian Galeazzo Visconti nel 1397 (con successive revisioni del 1494, 1533, 1585), che agli articoli 382-392 (Aa.Vv., 1986, pp. 228-232) contengono specifiche disposizioni per il confezionamento dei ceri decorati con fiori, colombe e altri motivi in cera e dei ‘brandoni’, ossia ceri di grosse dimensioni di colore giallo (quattro per tipo a carico della comunità e due per tipo dei mugnai), nonché di altri ceri rotondi o con quattro stoppini, di cui quattro a carico della comunità e due per ciascuna categoria d’arte o mestiere (artigiani, coloni, massari, proprietari terrieri, ecc.).

I due ceri dei mugnai e i quattro della comunità, affiancati dai relativi ‘brandoni’, vengono portati in processione il giorno della vigilia della festa di san Massimo e depositati nella chiesa di Santa Maria Maggiore (il duomo); il rito si conclude con il canto dei vespri. Alla processione, accompagnata dai suonatori, partecipano “il prete, i canonici, i chierici, i sacerdoti secolari e regolari della città, il rettore, i sindaci, gli anziani della comunità” (Capra 2007-08, p. 21).

Il giorno della festa viene celebrata la messa nella chiesa di Santa Maria Maggiore, durante la quale vengono offerti i quattro ceri rotondi della comunità e quelli delle categorie d’arte o mestiere.

Metà dei ceri vengono conservati nella chiesa di Santa Maria Maggiore e l’altra metà vengono portati, sempre in processione, nella chiesa di San Francesco, “per essere accesi durante tutto l’anno ed ogni giorno negli uffici divini e nelle solennità delle messe” (Capra 2007-08, p. 22).

Inoltre la comunità deve provvedere alla realizzazione di diciotto fiaccole di cera gialla decorate con fiori di cera, di cui dodici da offrire al signore del luogo, se vi risiede (altrimenti non vengono preparate), quattro al rettore della città, una ai sindaci della comunità e una al ‘collaterale dell’ufficio del rettore’; sempre a carico della comunità sono trenta piccoli ceri gialli, di cui ventisette offerti agli anziani, uno al tesoriere (‘chiavaro’), uno al cancelliere e uno ai segretari.

Inoltre tutti coloro che coltivano la terra “ogni anno, al mattino, prima e dopo l’offerta dei ceri, devono condurre per Valenza un bue ed un asino, ornati con stoffe e drappi e con ghirlande e corone di mele e di aglio. Il percorso è sempre lo stesso, ma non viene reso esplicito. […] Le motivazioni per spiegare la processione del bue e dell’asino sono piuttosto vaghe: rendere omaggio a Dio e ricordare il momento della natività di Cristo, il quale volle nascere fra un bue ed un asino” (Capra 2007-08, p. 23). All’ipotesi riportata negli Statuti, Bertana ne aggiunge altre tre: il bue e l’asino con l’aratro potrebbero rappresentare il tracciamento dei confini della città, oppure l’epoca della carestia quando Massimo si recò per la città con alcuni giumenti a chiedere l’elemosina ai benestanti, od ancora l’arrivo dei Goti che chiedevano contributi esorbitanti, calmati da Massimo con l’offerta di vino e formaggio (cfr. Bertana, 1716=1911, pp. 174-180). Gasparolo invece vede l’origine della processione in una superstizione pagana e nega ogni legame con la fondazione della città (cfr. Gasparolo, 1923=1986, p. 349); collega invece la festa di san Massimo all’antica tradizione dei doni dei re Magi (Gasparolo, 1923=1986, p. 350).

Negli Statuti sono previste sanzioni per chi non vi partecipa, per chi molesta gli animali o tenta di rubare qualcosa che fa parte degli ornamenti degli animali.

Il bue e l’asino trainavano un aratro e la folla aveva l’abitudine di gridare nei confronti degli animali “dagli da bere, dagli da mangiare” (Bertana, 1716=1911, p. 174; Majoli, 1820, p. 21).

Gli animali “venivano benedetti sulla porta del duomo, insieme alla frutta di cui erano carichi, la quale veniva poi distribuita a coloro che partecipavano alla cerimonia” (Capra 2007-08, p. 26). Oltre alla frutta pare portassero anche vino e formaggi.

La processione partiva dal palazzo comunale, percorreva la via maestra, fino alla chiesa di San Francesco, quindi imboccava la strada che conduceva alla porta di Santa Caterina; voltava nuovamente a sinistra, passando davanti al monastero dell’Annunziata; infine, percorrendo la strada della porta di Po, arrivava in piazza del Duomo.

La festa col tempo “degenerò in una scena allegra, e la plebe, che volentieri cerca le occasioni di far baccano, la ridusse ad una vera scena da carnevale, che dopo molto tempo venne abolita, perché di sacro non riteneva neppur più l’ombra” (Gasparolo, 1923-1986, p. 349).

Riproposizione della festa

La ripresa della celebrazione “di questa celebrazione è avvenuta precisamente nel 1985, quando il parroco mons. Frascarolo ha pensato di riproporre la tradizione dei ceri fioriti al fine di unire la festa di san Massimo con quella del beato Gerardo, nei confronti del quale il popolo di Valenza mostrava sempre più scarsi segni di devozione. […] Naturalmente, l’offerta dei ceri, che nell’antichità era rappresentata dalle corporazioni cittadine, ora coinvolgeva soggetti differenti […]; in occasione della festa di san Massimo del 2007, celebrata il 28 gennaio, le categorie produttive e del volontariato cittadino erano: gli agricoltori, gli artigiani, i commercianti, i giovani della città, la casa di riposo, le scuole , l’associazione orafa, le confraternite, combattenti e reduci, carabinieri in congedo e martiri dell’arma, il volontariato cittadino, la protezione civile, il Lions Club, il Rotary Club, la struttura ospedaliera e gli operatori sanitari. La ripresa della festa di san Massimo, per lungo tempo, ha riguardato soltanto l’offerta dei ceri, che viene organizzata dalla Chiesa. Al mattino della festa di san Massimo ci si reca, con i ceri spenti, dal duomo alla sala consigliare del Comune. In questo luogo, si assiste ad un breve discorso delle autorità, dopo il quale il vescovo benedice i ceri. […] Segue una breve processione con la quale, dalla sala consigliare, si raggiunge nuovamente il duomo. Qui si svolge la s. messa, durante la quale vengono offerti i ceri al busto argenteo di san Massimo che si trova di fianco all’altare. L’offerta avviene in questo modo: le varie categorie offerenti vengono chiamate una ad una a portare il proprio cero acceso di fronte all’immagine del patrono. Alle ore 17, solo da alcuni anni, si conclude la cerimonia con il canto del ‘Te Deum’, il canto di ringraziamento, e con l’offerta ai fedeli dei cerini benedetti” (Capra 2007-08, pp. 76-77).

Nel 2005 viene riproposta per la prima volta, nel pomeriggio della festa, la processione del bue e dell’asino. Preceduto dall’esibizione degli sbandieratori, si svolge il corteo con “il bue e l’asino ornati di drappi e ghirlande, al seguito figuranti in costume dal rione San Martino di Asti, vestiti da nobili rinascimentali, a seguire le confraternite di Valenza ancora in attività, cioè San Bernardino, San Rocco e SS. Trinità, infine i ragazzi delle parrocchie di Valenza vestiti da servi, coloni e bifolchi” (Capra 2007-08, p. 81). Durante la giornata viene anche allestito, in via Mazzini e via Lega Lombarda, un mercatino di prodotti enogastronomici e piccolo artigianato.

Nel 2007, oltre al corteo storico con il bue e l’asino, accompagnato dagli sbandieratori, viene disputata la partita alla dama vivente in costume.

Nel 2008 durante il corteo il personaggio che interpreta la figura del vescovo Massimo (in abito rinascimentale) si ferma per illustrare la tradizione legata al santo e il significato delle fasi salienti dell’evento. Al termine della sfilata, in piazza XXXI Martiri si svolge lo spettacolo degli sbandieratori e si disputa la partita a scacchi viventi. “Gli scacchi viventi si ricollegano alla tradizione rinascimentale dei Visconti e delle terre di Milano: la rappresentazione degli scacchi viventi era un evento importante, al quale partecipavano i vari rioni della città e tutti i personaggi più importanti, tanto che le regole adottate in tutta Europa erano dette lombarde” (Capra 2007-08, p. 85).

VALENZA (AL), Italia Regionpiemonte
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