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Granai del Mediterraneo
Giovanni Assante: la pasta che nutre l’anima
Giovanni Assante ripercorre la storia della sua vita, dall’infanzia in Ciociaria alla missione salesiana che nel 1968 l’ha portato a Kejara, in Mato Grosso, a contatto con i Bororo e gli Xavante, fino agli anni in cui ha rilevato il pastificio storico di Gragnano Gerardo di Nola. Il suo piatto del cuore restano gli gnocchi della nonna, quelli fatti a mano con acqua e farina, conditi con un sugo di pomodoro arricchito con pezzetti di salsiccia - una salsa che lui definisce “povera e ricca” allo stesso tempo, adatta ai giorni di festa - ma in generale ama i cibi semplici e sani, la pasta, il pane cotto a legna, la frittata di cipolle o di verdure, la minestra maritata, tutti i cibi buoni a nutrire sia il corpo che l’anima, quelli che mettono in pace l’uomo e la natura. Ricorda i rituali del grano vissuti da bambino, il tempo della semina, la maturazione dei chicchi sotto la neve che li rende forti, i germogli delle spighe offerti a Pasqua insieme alla palma e, in fine, la grande festa di giugno per la raccolta. Queste cerimonie sono molto simili a quelle che i Bororo dedicavano al granturco venerandolo come simbolo della Madre Terra. Gli Indios amavano anche la tapioca che Giovanni e il padre missionario Cesare Albisetti mangiavano spesso nei loro villaggi, insieme alla carne, al pesce di fiume, al riso, alla zuppa di coccodrillo. Il cibo è sempre stato il suo linguaggio privilegiato per conoscere gli altri. La pasta - che nel suo pastificio produce con amore osservando scrupolosamente la tradizione - è per lui il cibo che più di tutti, per la varietà dei suoi formati, riesce a comunicare emozioni e stati d’animo, ad esprimere tutte le sfumature della vita.