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Rodolfo Gaia

Rodolfo Gaia

Nel corso dell'intervista realizzata nel 2005, il racconto del geometra Rodolfo Gaia, allora giovane ufficiale del Genio militare, prende le mosse dagli anni dell’occupazione italiana della Francia meridionale per poi focalizzare rapidamente l’attenzione su quanto accaduto dopo l’8 settembre 1943. L’armistizio coglie Gaia a Borgo San Dalmazzo, qui assiste allo sfaldamento dell’esercito e al caos che ne deriva ma, diversamente da altri, avendo ricevuto l’ordine di distruggere documenti che non dovevano finire in mano nemica, non fugge. È così catturato dai tedeschi che, dopo averlo caricato su una tradotta militare, gli fanno attraversare l’intera Europa fino al Baltico, ove è rinchiuso nel primo dei diversi campi di prigionia ove viene detenuto, sorte simile del resto tocca agli oltre 600 mila militari italiani internati per non aver aderito alla repubblica di Salò. Da qui è poi trasferito in una fortezza sulla Vistola e, infine, in Germania. Ovunque regnavano il freddo invincibile, una spietata disciplina militare, la fame cronica dovuta alla “sbobba”, una brodaglia di rape che per quasi due anni fu l’unico alimento a disposizione. Rivivono attraverso le parole di Gaia gli spostamenti a piedi (e il colpo alla nuca per i ritardatari), gli implacabili appelli giornalieri, il bagno e l’asciugatura all’aperto in pieno inverno ma anche gli incontri con il futuro beato Giuseppe Lazzati e lo scrittore Giovanni Guareschi. Gaia si sofferma inoltre a rievocare i giorni della riacquistata libertà quando, di fronte alla avanzata alleata, i tedeschi abbandonano il campo e i prigionieri sono liberi di uscire per soddisfare, pur nel caos e nei pericoli intuibili, la fame atavica che per anni li aveva attanagliati e, nel farlo, in molti muoiono. Gaia in quei giorni assiste allo sfacelo dell’esercito tedesco, vede ebrei superstiti ridotti a scheletri deambulanti. Comincia infine il difficile e lento viaggio verso casa attraverso la Francia, la Svizzera e l’Austria e, varcato il Brennero, l’incontro fortuito con un camion della diocesi di Saluzzo che gli consente di avvicinarsi al luogo natio e riabbracciare le persone care. 

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